Ramin Bahrami in fuga con Bach

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Bahrami_RaminHa scoperto Bach quando aveva solo cinque anni, ascoltando Glenn Gould nella sua casa di Teheran. Ramin Bahrami è considerato uno dei più originali interpreti del repertorio bachiano. Nel 2011 il suo “Piano Concertos” è stato, per settimane, tra i 100 dischi più venduti. Ormai è una vera propria star al pari di quelle del pop.

Il 23 maggio sarà al Teatro Alighieri di Ravenna, nell’ambito di Ravenna Festival, con Concerto Italiano dove al pianoforte Ramin farà dialogare, su questioni di forma e stile, Bach con Domenico Scarlatti.

L’amore per la musica, in particolare per Bach, gli è stato trasmesso dal padre incarcerato e ucciso nel 1991 come dissidente dal regime degli Ayatollah.

Così Ramin, ben presto ha conosciuto l’esilio e, insieme alla madre, è stato costretto ad una ingiusta diaspora per l’Europa. In Italia è arrivato ancora bambino, dove ha potuto formarsi nelle nostre scuole pianistiche per poi specializzarsi in Europa al fianco dei più grandi maestri. Ha studiato prima con Piero Rattalino al Conservatorio “G. Verdi” di Milano e poi in Romagna, a Imola, all’Accademia Pianistica “Incontri col Maestro”.

La biografia e il suo talento collegano in maniera naturale le origini mediorientali ad un’interpretazione che riscopre Bach innamorato dei ritmi siciliani d’influenza araba.

“Ho avuto la fortuna di proseguire i miei studi all’Accademia Pianistica di Imola – afferma con tono della voce dolce e affettuoso – Qui ho potuto incontrare e confrontarmi con i maggiori concertisti internazionali “.

“Di Imola ho dei ricordi bellissimi – prosegue con ironia – mi alzavo alle 5 del mattino per prendere il treno da Milano e arrivare ad Imola puntuale alle lezioni. Alcune volte sono arrivato in ritardo. Meno male che i maestri erano comprensivi…. Il clima dell’accademia era stimolante. Non si trattava di una scuola dell’obbligo, ma piuttosto di un dialogo dove ci si confrontava su diverse interpretazioni. La didattica deve essere uno scambio di visioni. E’ importante che ogni giovane affronti la musica con la propria testa”.

Come è nata la sua passione per la musica?

“In età molto precoce. A 3 anni già cantavo delle canzoni di mia composizione. Sono cresciuto in una famiglia multietnica. Mio padre era metà iraniano e metà tedesco, mia madre metà russa. Ho imparato durante la mia infanzia le cose più belle di queste civiltà. Ricordo che da bambino ascoltavo e riascoltavo Lp del concerto per violino di Čajkovskij eseguito da Isaac Stern. Purtroppo questo clima, questa colonna sonora, fu interrotta bruscamente dalla guerra devastante contro l’Iraq che rovinò la mia serenità di bambino”.

Perchè scelse di studiare in Italia?

“La necessità di suonare che con gli anni era sempre più urgente. Vinsi una borsa di studio donata da Italimpianti grazie all’intervento dell’ambasciata italiana a Teheran e allora insieme a mia madre venni in Italia a Milano e mi iscrissi al conservatorio Verdi di Milano”.

Con Bach, e con un disco non facile, è riuscito a vendere 10.000 copie in una settimana, come spiega questo incredibile successo?

“Credo la motivazione stia nell’universalità della musica di Bach e in un’interpretazione che riesce a fissare le emozioni più sincere. Questo approccio è capace di colpire anche l’attenzione dei giovani”.

Non è facile vivere suonando musica classica. In Italia più che in altri paesi?

“Fare della buona musica è difficile ovunque. Sono molto legato all’Italia, credo che, comunque, sia il paese musicalmente più importante. Non si può dimenticare l’influenza che ha avuto la musica italiana su Bach. I problemi del fare musica in Italia sono legati più alle decisioni politiche, che alla musica in sé”.

 23 maggio, Ramin Bahrami, Concerto Italiano, Ravenna Festival, Teatro Alighieri, ore 21, info: www.ravennafestival.org