Classico dei classici, certo. Eppure oggetto sonoro sempre interessante, da guardare in controluce. Specie se lo trovi a buon prezzo in un mercatino di Anversa.
La storia, che probabilmente già sapete, è che la colonna sonora è inizialmente commissionata ai soli Pink Floyd. Poi Antonioni non è contento del materiale registrato, svolta improvvisamente a sinistra e comincia a mischiare le carte. Un piccolo passo per un regista ma un grande passo per l’umanità. Ai Pink Floyd rimangono due (ottimi) temi ai lati estremi del disco. In mezzo, un oceano. Una panoramica psichedelica molto coraggiosa che lascia la Londra dell’UFO, guarda dall’alto l’America, prende fiato nelle praterie del folk e plana definitivamente in California, San Francisco, zona Haight-Ashbury, fra le mani dello sciamano Jerry Garcia. Antonioni prende e mischia tutto. Con un equilibrio da maestro.
La cosa stupefacente e illuminata di questo disco sono gli accostamenti. All’epoca – 1970 – il fenomeno psichedelico ha già avuto il suo picco, ma i confini non sono così chiari. Fra i Pink Floyd e i Grateful Dead sembra esserci tutta la presa di coscienza del risvolto espansivo, e persino minaccioso, di certo country americano. Tennessee Waltz, in questo contesto, suona più scura della Dark Star che di poco la precede in scaletta. Ma anche John Fahey e David Lindley (entrambe, ancora una volta, scelte illuminate) scavano nella apparente semplicità dei quattro accordi folk e portano allo scoperto tutti gli spiritelli inquieti che si agitano appena sotto la superficie. Come se in un angolo della più ortodossa tradizione americana ci fosse una botola segreta che conduce in un Paese delle Meraviglie, e dell’inquietudine, che una volta svelato non dimentichi più.
La simmetria del disco è perfetta. Tanto perfetta che le esclusioni dal disco (per questioni di copyright) del brano degli Stones e di quello di Roy Orbison sembrano cadere a puntino.
Nello stesso anno i Grateful Dead fanno Workingsman’s Dead, di cui prima o poi parleremo. Tuttavia questo disco ha una completezza unica, e una circolarità che lo rende infinito. Tanto che potremmo anche parlare per sempre di questo. Provare per credere.
cominciate a commentare i nostri articoli, ve ne saremo grati!
Disco che ho comprato da ancora quasi bambino per il mio amore sviscerato per i Pink Floyd. Le mie orecchie troppo dolci lo amarono solo per partito preso, riscoprendolo poi pochi anni dopo quando ormai le mie orecchie erano diventate di forma psichedelica. Ecco perchè ho letto l’articolo con il fiato sospeso temendo il giudizio di Antonio sul disco, sui Pink Floyd e sui miei meravigliosi viaggi emotivi che questo disco ha accompagnato. Careful with that axe, Grammo!
“taci, ciccione incompetente”
così mi piaci
“pensa ad accordare la chitarra, coglionazzo”
perfetto!
Bè io sono di parte, lo ammetto, il Grammo sarebbe capace di farmi amare anche Albano..anzi di sicuro…comunque gran disco, io ho il vinilone e lo metto sul piedistallo insieme al Live dead dei grandi Greateful Dead, irrinunciabile per le mie orecchie, musica da consumare soprattutto di notte per quanto mi riguarda..chissà che non ci farà il regalo di un articoletto su Secondo Casadei (e anche qui è colpa sua), ne sarei davvero felice!
Secondo è in cantiere! 🙂
Condivido appieno: la maestria di Antonioni nell’aver dato in una colonna sonora un quadro preciso della psichedelia dell’epoca, con un ponte che univa Londra a San Francisco. Ma ancora di più la lucidità, la sapienza e il coraggio da parte del maestro Antonioni nell’ aver rifiutato delle musiche dei Pink Floyd, scritte appositamente per il film!! Chissà se un regista ad oggi avrebbe il coraggio di farlo?
pare abbia anche rifiutato dopo pochi secondi di ascolto (in sala prove con loro!!) delle idee dei Doors. anche wikipedia lo conferma, dunque sarà vero. Antonioni aveva le idee chiare.
jokes aside: le tue recensioni sono sempre un piacere di lettura … mi raccomando non smettere di scriverne e di segnalarle su fb
La colonna sonora non e’ mai stata commissionata inizialmente e interamente ai Pink Floyd, quindi per me che sono un ricercatore di ZP/Antonioni e insieme dei Pink Floyd un grave errore. Leggere il mio capitolo su Pink Floyd – Storie e Segreti o le note del Pink Floyd – The Lost Album – 370 Roman Yards. WRomanus
ciao Walter
grazie per l’intervento.
confessiamo che non eravamo presenti all’epoca, e non abbiamo conosciuto personalmente nè Antonioni nè i Pink Floyd, per cui ci siamo rifatti alle informazioni desunte dalle storiografie rock – che su questo punto coincidono. è chiaro che è sempre possibile che in certe ricostruzioni ci siano delle approssimazioni, e se ci aiuti a chiarirle te ne siamo estremamente grati!!
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